Io sono il libanese di Giancarlo De Cataldo – La recensione

Non è facile definire un protagonista assoluto in Romanzo Criminale, la coralità della storia non lo permette, ma alla fine, se messi alle strette si deve fare per forza un nome, quello che uscirà sarà il suo: Il Libanese. Eppure Libano esce di scena nel primo romanzo alla fine della prima parte, ad un terzo del libro circa, così sarà anche nel film. Nella serie televisiva invece la sua permanenza dura più a lungo prendendo tutta la prima serie, quindi diciamo metà della storia. Sarà forse per questo motivo che De Cataldo gli ha voluto render giustizia e dedicargli interamente un libro, dall’inizio alla fine.
A dieci anni di distanza dall’uscita di Romanzo Criminale e dopo il sequel Nelle mani giuste esce, sempre per Einaudi Stile Libero, Io sono il Libanese che fin dal titolo non lascia dubbi su chi sia il protagonista. Il terzo romanzo della serie si colloca cronologicamente appena un anno prima dell’inizio di Romanzo Criminale e cioè nel 1976 e si concluderà con l’idea del sequestro del barone Rossellini, atto primo della banda della Magliana.
Io sono il Libanese paga sicuramente pegno al notevole successo riscosso dalla serie televisiva di Romanzo Criminale dando l’impressione di essere più vicino ad un episodio del serial piuttosto che al romanzo-affresco che ha dato via alla storia e al suo degnissimo successore: Nelle mani giuste.
Io sono il Libanese scorre via come una puntata del serial, si sente però la mancanza dell’epicità della storia romanzata della banda criminale e del racconto della Storia italiana degli anni 70 (e poi ’90 in Nelle mani giuste).
Quindi non aspettatevi niente di simile rispetto ai due libri precedenti ma piuttosto una lettura distensiva dedicata soprattutto agli appassionati che Romanzo Criminale lo hanno letto, visto al cinema e a casa e magari anche più volte. L’aspetto più riuscito del libro è sicuramente il confronto – scontro tra la sinistra radical chic e borghese rappresentata da Giada, che diverrà se non proprio la ragazza, l’amica intima del Libano, e il sottoproletariato urbano rappresentato dal Libanese e dai suoi amici ed è forse, come soluzione narrativa, il punto in cui questo ultimo romanzo si avvicina di più agli altri due.
Alla fine del libro non si rimane delusi ma con la sensazione che se ne potrebbe leggere subito dopo un altro dal titolo Io sono il Freddo e sinceramente non so se questo sia un bene o un male.

Luglio 2012

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