Un viaggio che non promettiamo breve di Wu Ming 1 – La recensione
In questi anni, parafrasando Giorgio Gaber, posso dire che la questione No Tav l’avevo nella testa ma non ancora nella pelle. Nel senso che mi era sembrato logico che la grande opera fosse dannosa per l’ambiente e per cui sacrosanta la protesta di chi si vedeva deturpare il proprio territorio in nome del progresso.
Facevo più difficoltà, invece, a capire l’afflusso di non residenti durante le manifestazioni e gli scontri con la polizia. Avevo l’impressione che la Val di Susa fosse diventata una sorta di occasione per alcuni solo per provocar disordini, per pura avversione alle forze dell’ordine più che per adesione a una causa che non li riguardava direttamente. Insomma ero caduto nel tranello che divideva il movimento in buoni e cattivi e tutto questo a causa di un’informazione mainstream clamorosamente faziosa e inquinante e a un mio scarso approfondimento della questione attraverso canali alternativi. Altro errore commesso è stato quello di pensare che per la TAV il gioco non valesse la candela e cioè che i benefici della linea ad alta velocità non avrebbero potuto compensare i disagi creati alla popolazione valsusina. Ma qui non c’è nessun gioco e nessuna candela. La TAV é un enorme buco nero più profondo del tunnel che si vorrebbe creare e di benefici non c’é traccia.
Ed infine mi ero convinto che la tenacia dello Stato a portare avanti questa Grande Opera fosse solo una questione di difesa degli interessi economici (non della collettività naturalmente) che un’operazione del genere comporta. Anche in questo caso mi sono sbagliato. Non é solo questo. Per lo Stato continuare i lavori in valle e il non fermarsi davanti all’evidenza dell’inutilità e dannosità dell’opera e alla resistenza di un’intera popolazione, é diventata una questione di principio. Un’affermazione di un potere che non può cedere a compromessi e che deve difendere il proprio onore. Una linea della fermezza come non se ne vedeva dai tempi della trattativa per liberare Aldo Moro. Lo Stato non può perdere la faccia. E sinceramente questo aspetto mi ha inquietato più di quello meramente economico.
Questa mia presa di coscienza (e conoscenza) non é altro che il lascito che mi porto dietro dopo aver finito di leggere: Un viaggio che non promettiamo breve di Wu Ming 1 che già nel sottotitolo: venticinque anni di lotte di No Tav mi aveva spiazzato. Venticinque? Così tanti?
Wu Ming in più di tre anni di duro lavoro ha raccolto una quantità enorme di documentazione fra saggi, riviste, articoli di giornali, notizie in rete, blog, interviste, testimonianze dirette, ecc…Come uno scultore ha poi dovuto lavorare sul materiale grezzo raccolto per portare alla luce il risultato finale: un libro di 652 pagine che contamina il reportage narrativo con l’inchiesta giornalistica. Un libro dove i dati e i numeri si alternano alle storie e al vissuto dell’autore che nei momenti di difficoltà chiede il parere ad illustri colleghi defunti su come rappresentare l’Entità: il nome con cui Wu Ming 1 definisce quell’insieme di interessi economico-politico-ideologici che fanno sì che la mostruosità della Grande Opera continui a far sentire la sua presenza quasi fosse una creatura demoniaca tratta da un serial tv.
Il libro è quindi sostanzialmente un oggetto narrativo non identificato e lo stile non sorprenderà chi ha letto gli ultimi lavori dei membri del collettivo e quelli di Wu Ming 1 in particolare.
Come era capitato nel precedente; Cent’anni a Nord Est, Wu Ming 1 si pone la domanda del come mai un determinato fenomeno si sia sviluppato in un territorio piuttosto che in un altro. Perché gli scempi ambientali sono avvenuti e avvengono anche in altre parti d’Italia ma, nonostante la presenza di movimenti d’opposizione alla costruzione di opere inutili e dannose in vari parti della penisola, solo in Val di Susa si é creato un sentimento di resistenza così deciso e unanime tanto da diventare un modello di lotta e di disobbedienza civile per tutti, anche fuori dai nostri confini.
Anche l’Alta Velocità Bologna-Firenze ha provocato dei danni ambientali enormi il tutto per risparmiare 18 minuti sulla vecchia linea. Ma a protestare é stata un’esigua minoranza tacciata di provincialismo e di egoismo. Una protesta Nimby insomma, not in my back yard, non nel mio giardino, tacciata di provincialismo dall’Italia del Sì. In Val di Susa, invece, il movimento d’opposizione ha ottenuto un consenso enorme tanto da mettere insieme persone molto diverse fra loro. É stata proprio forse la marcata eterogeneità di questo movimento a consacrarne la forza e la durata nel tempo.
Wu Ming 1 per cercare di spiegare come ciò sia avvenuto va a scavare nella storia passata di quel territorio; dalle prime lotte sindacali di fine ottocento fino alla resistenza. Poi ci farà conoscere la storia del movimento dalle origini a oggi, e tutti i momenti di repressione che ha subito. Da quella poliziesca, dove la guerriglia urbana ha ceduto il posto a quella rurale e perfino acquatica (vedi l’episodio di Venezia), alla militarizzazione di un territorio che provoca enormi disagi ai residenti e ingenti costi per la comunità che ha pagato e che continua a pagare affinché un numero spropositato di appartenenti alle forze dell’ordine faccia la guardia ad un buco che poi non é nemmeno quello da dove dovrebbe passare il treno bensì il tunnel geognostico. Leggerete di persecuzioni con vari metodi (vedi visite della finanzia a barbieri attivisti), processi tenuti a tempo di record, fuori da ogni standard per la tempistica della giustizia italiana e accuse di terrorismo a chi si é macchiato di reati riconducibili alla disobbedienza civile o al limite al danneggiamento di macchinari. Fino al processo alle parole. Dal sabotare di Erri De Luca all’uso del noi in una tesi di laurea. E come ai tempi di Lenny Bruce, processato per l’uso di termini sconvenienti nei suoi show, a oltre cinquant’anni di distanza si é dovuta mobilitare la società civile in difesa della libertà di pensiero e di parola.
Tutto questo e tanto, ma veramente tanto altro ancora troverete in Un viaggio che non promettiamo breve. Spero di avervi fatto capire quanto sia esaustivo questo libro assolutamente necessario per chiunque voglia capire ogni aspetto di questa storia che definirei di una paradossale ingiustizia e che adesso spero dalla mia testa sia approdata anche sulla mia pelle.
Febbraio 2017
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