Tossici di Norman Ohler – la recensione –

Norman Ohler è fondamentalmente un giornalista (sua l’ultima intervista fatta a Yasser Arafat) ma a cavallo tra gli anni novanta e il duemila è stato romanziere e più tardi anche sceneggiatore al fianco di Wim Wenders per il film Palermo Shooting.

Come saggista invece, dopo anni di ricerche, nel 2015 ha pubblicato in Germania: Der totale Rausch: Drogen im Dritten Reich ben presto tradotto in molti paesi fra cui l’Italia dove è uscito nell’ottobre del 2016 con il titolo: Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania nazista. L’opera pur essendo non-fiction é influenzata notevolmente dei lavori passati dell’autore per cui si legge come un romanzo dove il crollo del Terzo Reich é narrato da una prospettiva assolutamente inedita e non potrà non sorprendervi nonostante il finale scontato: la morte di Hitler nel bunker di Berlino.

Partiamo dalla fine. Il 20 aprile del 1945 Adolf Hitler compie 56 anni e per l’occasione esce dal bunker, in cui si è rifugiato, per incontrare una ventina di ragazzini della Gioventù Hitleriana che stanno difendendo Berlino dall’avanzata dell’Armata Rossa. È l’ultima apparizione pubblica del Führer ed è stata anche filmata come ultimo atto propagandistico del regime nazista che capitolerà definitivamente, dieci giorni più tardi, quando Hitler si toglierà la vita, insieme alla compagna Eva Braun, sposata solo poche ore prima. Nel filmato si vede un Hitler duramente provato che dimostra molto più dei suoi anni. Sorride a bocca chiusa per non mostrarla priva di denti, la sua mano destra saluta i ragazzi mentre la sinistra è nascosta dietro la schiena per non rivelare un tremolio vistoso dovuto probabilmente al morbo di Parkinson. Ma Norman Ohler ci racconta che il morbo non era l’unico responsabile delle precarie condizioni del Führer. Hitler, nell’aprile del 1945, era ormai ridotto ad essere un tossico in crisi di astinenza.

Facciamo un salto indietro. Il 31 ottobre del 1937 gli stabilimenti Temmler registrarono all’Ufficio brevetti di Berlino la prima metanfetamina tedesca. Nome commerciale: Pervitin.
Grazie ad una massiccia campagna pubblicitaria la pillola, che toglieva fatica, fame e sonno, si diffuse in maniera capillare nella società tedesca che non la considerava una droga ma un’innocua medicina corroborante ed assumerla divenne normale quanto bere una tazza di caffè. La prendevano tutti; casalinghe (magari sotto forma di praline al cioccolato), chi svolgeva lavori pesanti, studenti per concentrarsi meglio nello studio, perfino le infermiere per stare sveglie nel turno di notte.
Le doti portentose di queste pillole ben presto furono evidenti anche ai vertici militari. Le perplessità in merito ai possibili effetti collaterali non furono prese in considerazione e la Wermacht e la Luftwaffe divennero i principali consumatori di Pervitin. Durante la campagna di Francia ordinarono la bellezza di 35 milioni di pillole. Negli stabilimenti Temmler la produzione incrementò a tal punto che furono in grado di far uscire 833.000 Pervitin in un giorno solo. Il risultato fu una macchina da guerra inarrestabile che macinò chilometri su chilometri senza fermarsi. Gli uomini non avevano bisogno di dormire, non sentivano la stanchezza e il Blitzkrieg tedesco sembrò inarrestabile fino almeno alla campagna di Russia dove la Germania nazista conobbe le prime sconfitte e si accorse che il consumo di Pervitin non sarebbe stato privo di conseguenze.

Dopo aver narrato come il consumo di metanfetamine abbia influenzato la società tedesca prima dello scoppio della guerra e come poi sia stato uno dei fattori che hanno portato agli iniziali successi militari nazisti Norman Ohler dedica la terza parte del libro ad Adolf Hitler, alla sua parabola discendente e alla sua dipendenza da questa e altre sostanze. Infatti nemmeno il Führer restò immune dal fascino di queste portentose pillole che inizierà ad assumere insieme ad un quantitativo smodato di sostanze rivitalizzanti iniettate nelle sue vene fino ad arrivare al consumo dell’Eukodal, parente stretto di morfina ed eroina. Artefice di ciò un ambiguo e viscido personaggio, il medico personale di Hitler, il dottor Theodor Morrell, che si lega al dittatore tedesco in un rapporto simbiotico che da medico-paziente si trasformerà in spacciatore-tossico. Grazie all’accesso alla documentazione desecretata e ai diari di Morell, Norman Ohler ricostruisce gli anni della caduta e del declino fisico del Füher restituendo al lettore l’immagine di un Hitler isolato dal mondo che viveva i suoi deliri di grandezza nell’oscurità dei suoi bunker dalla Tana del lupo al Führerbunker di Berlino che sarà la sua tomba.

Il libro, com’era immaginabile, ha scatenato delle reazioni contrastanti ma è doveroso precisare, come del resto fa lo stesso Norman Ohler nella prefazione, che il suo lavoro non ha la pretesa di riscrivere la storia della seconda guerra mondiale e nemmeno quella di sminuire le responsabilità e gli orrendi crimini del regime nazista come se l’abuso di sostanze psicoattive possa in qualche modo giustificare le atrocità commesse. Questo prezioso lavoro, a mio parere, cambia il quadro d’insieme gettando una nuova luce, ancora più sinistra, su uno dei periodi più cupi della storia dell’umanità ed è scritto anche molto bene e questo non guasta di sicuro.

giugno 2017

Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania Nazista.
Norman Ohler
Rizzoli 2016
Pag. 382

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