Il popolo dell’abisso di Jack London – La recensione

Nell’estate del 1902 Jack London lascia la California per dirigersi in Sudafrica dove si è appena conclusa la sanguinosa guerra anglo boera.

L’incarico gli viene affidato dall’American Press Association ma appena giunto a Londra lo scrittore viene a sapere che il progetto è saltato e il suo lavoro da corrispondente andato in fumo. London non si perde d’animo e decide di fermarsi comunque nella capitale inglese perché ha, da tempo, in testa un progetto che riguarda Londra. Lo scrittore vuole infatti raccogliere materiale sull’East End: il grande quartiere proletario che 14 anni prima era stato il teatro delle sanguinose imprese di Jack lo squartatore ma vuole farlo in una maniera del tutto particolare. Il suo obiettivo è studiare luoghi e persone non da osservatore esterno ma dal cuore stesso dello slum londinese. E’ convinto che ponendo una barriera tra sé e gli altri non ci possa essere la possibilità di documentare in maniera obiettiva ed esaustiva la vita di quel luogo che, nei racconti letti e ascoltati negli Stati Uniti, aveva stimolato il suo immaginario da scrittore. Per eliminare quella barriera e abolire così ogni separazione London si immerge completamente in quello che in seguitò definirà: un’umana voragine infernale. Si spoglia dei propri abiti da borghese americano, si veste con dei cenci rimediati da un rigattiere e si spaccia per un marinaio yankee rimasto senza imbarco e senza soldi.
Non è un caso che il primo capitolo si intitoli: la discesa. E’ questa la metafora che ci regala London calandosi, nel vero senso della parola, in una bolgia infernale abitata da un’umanità misera, affamata, sporca, senza un letto e senza un lavoro o con degli impieghi che bastano appena a sfamare una persona dopo essersi massacrati di fatica tutto il giorno. Jack London, nelle sei settimane che seguono, divide tutto con quelle persone, vivendo la loro vita, dormendo negli stessi letti (quando c’è il lusso di averne uno) o il più delle volte vivendo semplicemente per strada, cercando riparo negli ospizi o mendicando una colazione all’Esercito della Salvezza.
Nel suo viaggio nell’abisso Jack London incontrerà decine e decine di persone diverse e si farà raccontare le loro storie, di come siano state costrette a spaccarsi la schiena per racimolare qualche spicciolo o di come sperino di trovare ancora un lavoro nonostante non mangino da giorni oppure siano troppo vecchi. Uomini soli, coppie e anche famiglie intere costrette a vivere sulla strada e a mangiare gli avanzi della spazzatura cercando di dormire di notte sulle panchine, svegliati di continuo dai poliziotti che non lo permettono, per poi aggirarsi di giorno, nei giardini e per le strade, come dei fantasmi che si reggono in piedi a malapena. London, fervente sostenitore del giovane movimento socialista statunitense, non risparmierà, nel suo percorso, critiche all’Inghilterra e al suo inesistente stato sociale e tale sarà il suo immedesimarsi con il popolo dell’abisso che vivrà con loro il giorno dell’incoronazione di re Eduardo VII, dedicando a questa giornata uno dei capitoli più belli del libro.

Con Il popolo dell’abisso Jack London dimostra di essere non solo un grande scrittore ma anche un bravissimo fotografo infatti l’edizione paperback Mondadori, della collana I Meridiani, è arricchita dalle foto che scattò lo stesso London con la sua Kodak dimostrando una grande capacità nel cogliere espressioni e situazioni. Un libro insomma che si può definire un reportage narrativo in anticipo con i tempi. Non sicuramente il più famoso di Jack London (solamente l’anno dopo uscirà infatti Il richiamo della foresta che consoliderà definitamente la sua fama d’autore) ma un libro da tenere comunque in alta considerazione, come lo stesso London faceva, ritenendolo uno dei suoi lavori migliori. Grazie alla maestria con cui London descrive corpi, volti, storie, speranze e illusioni possiamo calarci in un’epoca lontana nel tempo ma ancora molto attuale perché di uomini, donne e bambini che vivono nell’abisso ce ne sono ancora tanti e le nuove povertà di oggi non sono poi così diverse da quelle dell’inizio dell’altro secolo.

A Il popolo dell’abisso sono state dedicate anche 10 puntate della trasmissione radiofonica di Rai Radio Tre, Ad Alta Voce dove potrete ascoltare il libro (non in versione integrale) letto e interpretato magistralmente da Graziano Piazza

Questa recensione è stata pubblicate sul numero 4 della rivista Sconnessi che potete scaricare qui sotto.

 

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