Una cosa divertente… di David Foster Wallace – la recensione

Una crociera non è un viaggio, forse non è nemmeno una vacanza. Una crociera è qualcosa di assolutamente unico da risultare alla fine banale.

Una sorta di puzzle ipnotico-sensoriale come lo ha chiamato David Foster Wallace nell’incipit che dà subito l’idea di trovarsi di fronte ad un piccolo grande libro. Il 18 marzo 1995  lo scrittore americano, suicidatosi nel 2008, era di ritorno da una crociera extra lusso ai Caraibi. In realtà il suo non fu un viaggio di piacere ma di lavoro. La prestigiosa rivista Harper’s Magazine gli aveva commissionato un reportage a cui Wallace diede un taglio particolare contaminando l’indagine giornalistica e il diario di viaggio all’analisi dell’opulenta società consumistica occidentale, il tutto, farcito da un cinico umorismo tale far diventare il libro, con gli anni, un classico del postmoderno.

Wallace, con estrema bravura, ci ha descritto il suo essere inadeguato in una situazione di quel tipo e i suoi imbarazzi diventano i nostri. Man mano che si procede nella lettura si entra in un mondo il cui unico scopo è il divertimento e il relax più assoluto, ad ogni costo. Wallace ci descrive tutto con dovizia di particolari. Ogni angolo della nave, l’equipaggio e i passeggeri vengono analizzati restituendoci un quadro di rara ironica bellezza. Perfino quando ci descrive il viaggio dei suoi escrementi giù per il water (ad alto tiraggiodella sua cabina l’autore riesce ad essere lirico e satirico nello stesso tempo. Ma forse dà il meglio di sé stesso quando parla dei suoi compagni di viaggio; specchio di una cultura decadente che per una (breve) fuga dalla routine quotidiana è disposta a spendere cifre considerevoli. Tra i più riusciti il passeggero soprannominato Capitan Video metafora del turista che deve immortale (con una video camera) in tempo reale tutto il suo vissuto in un’epoca non ancora dominata dagli smartphone che hanno rivoluzionato il modo di testimoniare le proprie esperienze.
Wallace è chiaramente un pesce fuor d’acqua ma non riesce (e non vuole) estraniarsi completamente dal quel meccanismo perverso del divertimento ad ogni costo. Ce lo dice già nel titolo (almeno nella versione italiana) in fondo la crociera è una cosa divertente ma da non ripetere. Ne sono testimoni le pagine esilaranti in cui l’autore si trova ad invidiare un’analoga nave da crociera attraccata vicino alla sua e in genere in tutte quelle dove ci racconta il suo immergersi nelle attività frenetiche della nave in parte per il ruolo da reporter rivestito ma in parte anche per una sorta di masochistica attrazione verso il grottesco. Altrimenti non si spiegherebbe come un semi agorafobico come lui possa aver accettato un incarico del genere.

Leggendo Una cosa divertente che non farò mai più si ride (anche se Wallace non dà mai l’impressione di cercare di strappare il sorriso a tutti i costi) ma conoscendo la sua triste fine il riso non può essere che amaro. In quel marzo di metà anni novanta Wallace risultò inadeguato per affrontare quella crociera e ce lo raccontò forse anche per dirci quanto fosse inadeguato per lui continuare a vivere, afflitto come era da anni dalla depressione. La crociera come metafora della vita che a metà degli anni novanta lo scrittore riuscì ad esorcizzare scherzandoci sopra. Purtroppo non ne fu più capace, poco più di dieci anni dopo, quando decise a 46 anni di farla finita. E da quel giorno tutti quei lettori che amano gettare uno sguardo al di là dell’oceano sono un po’ più soli.

La foto in alto che ritrae una nave da crociera in partenza da Trieste è un mio scatto dell’estate del 2016.

Una cosa divertente che non farò mai più

David Foster Wallace

Minimun fax 2012

pag. 149

 

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